Tonetto: ´Spero di finire la carriera alla Roma, il più tardi possibile´

25/03/2008 - 0:00

 
Il numero 22 della Roma, autore, sabato scorso, del suo primo gol in maglia giallorossa dopo 56 presenze e tre anni di permanenza nella Capitale, ha parlato a 360 gradi di sè, del suo futuro e della Roma, a “Il Romanista”.
 

Max Tonetto e il calcio: quando è sbocciato l’amore?«Ho iniziato a giocare a sei anni, nel quartiere di Trieste dove sono nato e dove lavoravano i miei genitori, San Giovanni. È stata una vera casualità. A quell’età io passavo tutti i pomeriggi al lavoro con i miei, che avevano un’osteria, facevano cucina casalinga. Il più delle volte mi annoiavo. Ma un giorno un amichetto mi ha portato al campo lì vicino, dove c’era una scuola calcio. E da lì è iniziato tutto».
Te la ricordi la tua prima partita? Non quella da professionista, ma la primissima tra ragazzini…«Come no! Ho fatto il guardalinee… Me lo ricordo bene perché c’ero rimasto malissimo… Non so come funzionano adesso le cose nei settori giovanili, ma allora il guardalinee lo faceva uno dei bambini della squadra a rotazione. E la prima partita è capitato a me. Una delusione…».
Però poi è arrivata una carriera piena di soddisfazioni. E nell’estate 2006 Roma…«Beh, mi auguro di finire la carriera in giallorosso. E il più tardi possibile».
Quando deciderai di smettere per te ci sarà una specie di seconda vita. Tu come ti vedi?«Sinceramente, pensando al dopo un po’ d’ansia sale, perché avendo fatto il calciatore per tantissimi anni non mi vedo in un ruolo diverso da questo, anche nel pallone. Sarebbe comunque una cosa diversa e stravolgerebbe le mie abitudini, quelle che ho da quando gioco a pallone. Insomma, se penso al futuro adesso non ne esco. Quindi rimando tutto».
Ma escludi di rimanere nel calcio? Tra i tuoi colleghi c’è chi vorrebbe fare il dirigente, chi sogna di allenare i bambini…«Non escludo niente, però non ho ancora le idee chiare».
Non si vive di solo calcio, comunque. Tu hai una bella famiglia e tre figli. Quanti anni hanno?«Nicole ha fatto 10 anni a novembre, Mattia ne ha compiuti 7 a marzo e Leonardo farà due anni ad agosto».
Loro pensano mai al pallone, a un futuro nel calcio? Come si vedono da grandi?«A loro del calcio non gliene può fregar di meno (testuale, ndr). E la cosa, da un certo punto di vista, mi fa piacere, perché vuol dire che non sono coinvolti emotivamente nella mia attività. Così, poi, quando vado a casa stacco veramente. A parte qualche palleggio divertente con il “medio”, che due calci al pallone ogni tanto li dà».
Avendo tre bambini sarai espertissimo di tutto ciò che i piccoli amano, compresi computer e playstation. Tu che rapporto hai con le nuove tecnologie?«A Natale abbiamo preso la Wii (una console per videogiochi prodotta da Nintendo, ndr), che ci permette di fare un sacco di giochi interattivi apposta per i bambini. Ci stiamo divertendo come matti… Poi, io ho una predisposizione per il computer. Ho studiato e mi piace molto. Alla più grande, Nicole, ho cercato sin da subito di insegnare tante cose. È impressionante come imparino in fretta a quell’età. E lei veramente brava al computer. Insieme usiamo i programmi più semplici come Word o comunque disegniamo».
Tu poi ti dedichi ai video. I tifosi ricordano con piacere quello che hai girato dopo la conquista della Coppa Italia…«Sì, vero. Mi piace riprendere tutto. Ho un archivio foto e video immenso, soprattutto sui miei figli. Magari sto dietro a loro tutto il giorno per fotografarli…».

Hai siti preferiti?«Con i bambini seguiamo un po’ tutti quelli dedicati ai più piccoli, con giochi, costruzioni fantasiose. È importante che loro possano usare la testa, crescere. Da solo, invece, svario, a 360 gradi, perché mi piace passare da una cosa all’altra: elettronica, acquisti on line, un po’ tutto».
E l’informazione? Scegli Internet, tv o giornali?«Tutti e tre. Ovviamente su Internet l’informazione è più immediata».
La Playstation la usi?«No, non ce l’abbiamo. Anzi, ce l’hanno regalata, ma è ancora dentro la scatola. Non l’abbiamo mai tirata fuori. In generale, non sto molto dietro ai videogiochi. L’ho fatto adesso, con i bambini, perché c’è stato questo regalo di Babbo Natale (la Wii, ndr)».
Ma da bambino il computer ce l’avevi?«Avevo il Commodore 64. Ci metteva due giorni per caricare un gioco, però mi divertivo».
E nell’ipod sotto la voce “i più ascoltati” cosa c’è?«Io sono un po’ romantico, vado sulla musica italiana: Vasco Rossi, Claudio Baglioni, Antonello Venditti».
Se dovessi scegliere una canzone per ogni artista?«Beh, il primo singolo dell’ultimo cd di Venditti è bellissimo (“Dalla pelle al cuore”, ndr). Con Claudio Baglioni andiamo indietro… “Avrai”. E di Vasco Rossi scelgo “Senza parole”. In ordine di preferenza, Baglioni-Vasco-Venditti».
Di straniero niente?«No, qualcosa c’è. Però non conosco i nomi, non conosco i titoli. Ecco, mi piace molto Bublè, ma è un genere particolare».
Dalla musica alla tv. La guardi? E cosa guardi?«Mi piacciono i programmi che fanno in seconda serata, quelli di informazione, di approfondimento: Matrix, Porta a Porta. Poi vedo Sky Tg24. E tanti film».
Domanda classica: qual è il tuo film preferito?«”Le ali della libertà”, per il messaggio di speranza che dà: non bisogna mai mollare, si può sempre migliorare e uscire da una situazione difficile. In genere, però, mi piacciono i film dove si ride, non quelli dove c’è l’ansia».

I reality ti appassionano?«In passato ho guardato per un po’ “Il Grande Fratello”. Ma finisce qui. Ora non li seguo».
Tirando le somme, la tv attuale ti piace o la cambieresti?«Beh, rispetto a una volta c’è molta più scelta. Cambiarla? Non saprei, qui entriamo un po’ nel politico. E comunque con Sky c’è talmente tanta offerta…».
C’è varietà anche sotto il profilo sportivo. Tu hai praticato o segui altri sport«No, non ho mai fatto nient’altro. Ho seguito un po’ il tennis, ma da Wilander e McEnroe mi sa che è passato un po’ di tempo. Ecco, a proposito di programmi tv, due cose che guardiamo sempre sono “Lost” e “Dr House”. Non ho mai seguito serie televisive, ma queste mi piacciono molto».
A proposito del Dr House, caratterialmente assomiglia a qualche tuo compagno di squadra?«No, piuttosto mi ci rivedo io: un po’ matterello, sempre con la battuta pronta…».
Torniamo al calcio. Prova a parlare a un bambino che si avvicina al mondo del pallone. Che consigli gli dai? Da cosa lo metti in guardia?«Lo metterei in guardia dai propri genitori, che vogliono a tutti i costi che lui diventi un giocatore bello, bravo e famoso, quelli che devono a tutti i costi far arrivare i loro figli chissà dove. Gli direi che l’unica cosa che conta è che lui si diverta, rispettando le regole. Deve pensare solo a questo. Tutto quello che viene di più è guadagnato».
Tanti bambini, però, sono spaventati dal calcio. Sentono di morti legate al pallone, di accoltellamenti e non riescono a vedere il bello di questo sport. Tu, da giocatore, come vivi questa situazione?«A parte le solite frasi banali del tipo “Allo stadio vogliamo soltanto i tifosi veri e non i teppisti”, mi viene da dire che è fondamentale l’educazione, una profonda educazione. Noi, in alcune trasferte, facciamo riscaldamento quando ancora ci sono poche persone allo stadio e vediamo la gente, non quella della curva, che ci insulta per 20-25 minuti, con i figli accanto. O magari ci sono persone, sempre con dei figli, che ci aspettano per due ore dopo la fine della partita, fino a quando passiamo con il pullman, solo per mostrarci il dito medio. Questa è la base della follia del calcio, è la base della follia dei genitori che portano i figli allo stadio e mostrano loro una cosa del genere. È ovvio poi che un bambino ripete quello che vede fare alla madre o al padre».
Molti ragazzini dicono che non vanno allo stadio perché hanno paura…«E hanno ragione, visto quello che succede. La nostra squadra, la società, hanno comunque dato sempre messaggi positivi, per incoraggiare i piccoli a venire allo stadio, per far capire che il calcio è sport e divertimento. Non si va sugli spalti per dire parolacce o fischiare gli avversari, ma solo per vivere un momento di gioia. E per i genitori la partita non deve essere il momento di sfogo di una settimana di frustrazioni».

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