Speciale: QUATTRO ANNI CON SPALLETTI

01/09/2009 - 0:00

QUATTRO ANNI CON SPALLETTIHo vissuto quattro anni accanto a lui in panchina. Dall’estate del 2005, Spalletti è stato una sorta di compagno di squadra inseparabile per le mie giornate calcistiche. Un rapporto che sono orgoglioso sia andato oltre il campo.Ha lasciato rinunciando a un mucchio di soldi. Ha lasciato come solo pochissimi sanno fare. Ha lasciato dando l’ultima lezione a tutti.Quando arrivò da Udine, l’avventura cominciò a Roma con gli sms minacciosi nei suoi confronti. Pseudo tifosi lo invitavano ad andarsene, volevano Zeman. E’ rimasto, fino a conquistare le chiavi della città quando venne acclamato sotto la Curva sud per festeggiare le 11 vittorie di fila in campionato.Prima di lui, la Roma veniva da una stagione che aveva stritolato cinque allenatori, salvandosi da un umiliante retrocessione solo a due giornate dal termine. Spalletti ha portato fin dai primi mesi la cultura del lavoro, un’identità di gioco, una nuova mentalità.E’ stato per la Roma quello che Sacchi ha rappresentato per il Milan. Un rivoluzionario. In ogni campo la sua Roma poteva imporre il gioco. In ogni trasferta la Roma poteva andare a vincere. E’ stato così nelle imprese del Bernabeu e di Lione che rimarranno una sorta di manifesto del suo gioco. Modulo 4-2-3-1, studiato ad un certo punto da tutti i tecnici d’Europa. Ha ottenuto tre secondi posti, sfiorando a Catania lo scudetto. Due Coppe Italia e una Supercoppa. E anche la scorsa stagione, la più deludente, ha portato comunque la Roma a sfiorare i quarti nei rigori maledetti contro l’Arsenal, vincendo il girone di Champions e ottenendo due vittorie significative a Bordeaux e in casa con il Chelsea.Con lui la Roma non ha vinto né lo scudetto né la Champions League: molto di più. Nel momento migliore ha riconsegnato la passionalità più autentica a una città che aveva smarrito certe gioie. Quelle che i tifosi ricorderanno per tutta la vita.Un allenatore che studia calcio tutto il giorno. Un innovatore contro il sistema conservatore del calcio. Uno che vuole abolire i ritiri, che vince e segna anche senza attaccanti, che veste i panni dell’allenatore manager all’inglese e parla in tv nei prepartita: infischiandosene dei riti di stampo medioevale che ammutoliscono tanti suoi colleghi.Ha conosciuto la gavetta da calciatore e da allenatore. Non l’ha mai dimenticata. Chi gli rimprovera di essere andato a Parigi per incontrare i dirigenti del Chelsea dimentica che non c’è allenatore o giocatore che ogni anno non venga più volte contattato da emissari di altri club. E nessuno si sogna di dirlo in giro. Chi tira in ballo dissapori con Totti, dimentica che la stima reciproca è stata invece sempre altissima. Gli equivoci li hanno sempre chiariti con una stretta di mano. Non a caso Totti ha sempre detto“ Vorrei chiudere la mia carriera a 38 anni con Spalletti al mio fianco”.Questo non avverrà. Ma il destino è strano. Spalletti è stato cercato dalla Juve la scorsa estate. Lo volevano i dirigenti bianconeri con Diego in squadra. Proprio Diego e la Juve hanno chiuso all’Olimpico la storia tra Spalletti e la Roma. Finita tra l’amarezza di un mercato bloccato.E’ stato l’ultimo allenatore scelto da Franco Sensi. Il Presidente che avrebbe fatto di tutto per respingere le sue dimissioni. E forse anche in suo onore, ha rinunciato ai soldi di altri due anni di contratto. L’ultima lezione di stile che ha voluto lasciare.
 
Angelo Mangiante

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