Salah-Felipe Anderson, quando anarchia e genio possono decidere un derby

Redazione RN
07/11/2015 - 18:25

ROMA-LAZIO, IL FACCIA A FACCIA – Valgono entrambi 20 mln, sono ambedue i pilastri (in attacco) di due squadre spregiudicate, insicure, a volte pazze. Alternano estro, talento e calcio spettacolo a momenti ambigui, sottotono, difficilmente interpretabili. Chi con i colori della Roma, chi con quelli della Lazio: Mohammed e Felipe – classi ’92 e ’93 – fanno sorridere e al contempo soffrire i propri tifosi, che eppure già vogliono bene al genio di due che col pallone scherzano, giocano, quasi fosse il loro migliore amico. Egitto e Brasile sono due paesi lontani, con tradizioni profondamente diverse; all’Olimpico (vuoto, per lo sciopero delle curve) quelle località così eterogenee si incontreranno al centro del prato verde: in palio c’è la stracittadina della Capitale. O, che dir si voglia, il derby di Roma.

SALAH, CROCE E DELIZIA. MA QUANTI GOL – Da Firenze a Roma il viaggio è breve, se si contano i chilometri. Se consideri piazza, caratura e qualità delle competizioni disputate, il gradino scalato dall’ex Chelsea è grande, grandissimo. E se finora è stato scalato bene (ben sei gol stagionali), il calo è sempre dietro l’angolo, pronto a prenderlo di mira proprio come è avvenuto nelle ultime settimane in viola. La prestazione ambigua disputata con l’Inter – tanta corsa, poca efficacia – mostra a Garcia il ‘lato oscuro’ dell’egiziano: fenomenale in corsa e in fase realizzativa, ma corpo oscuro in determinati momenti del match. Seppur tendenzialmente positiva, la gara contro il Leverkusen è il dipinto più chiaro del giocatore nato a Basyoun, a pochi metri dal Nilo: concretezza ed esplosività miste ad anonimato e anarchia pura in mezzo al campo. Il derby, si sa, consacra e affonda il singolo. Se il carattere c’è, contro la Lazio è il momento di confermarlo. Per far sì che l’11 giallorosso non sia l’ennesimo, insperato fuoco di paglia estivo.

LA GLORIA E LA CADUTA. ORA FELIPE CERCA IL RISCATTO – Dodici gare consecutive di Serie A senza segnare (dal 18 aprile al 20 settembre 2015) e prestazioni così così, hanno riacceso con rapidità gli incubi dei tifosi biancocelesti: Felipe Anderson non può essere uno Zarate-bis. Se con l’argentino (tanti gol, e pure pesanti nel primo biennio a Roma) il sogno del grande numero dieci è svanito ben presto nel nulla, col ragazzino di Brasilia la storia è diversa. Quattro gol in campionato, con tanto di doppietta al Torino (e rete al Rosenborg in Europa League) fanno del classe ’93 un ragazzo con tanto talento e la testa a posto, nonostante l’exploit inaspettato della scorsa stagione. L'”ambiente romano” insegna bene: mai caricare troppo un giovane dalle belle speranze. E così, tra un ridimensionamento e l’altro (complice l’atteggiamento di Pioli), il dieci biancoceleste è tornato a pedalare duro, testa bassa, pensando solo al campo. Sta a lui pareggiare il grande talento del miglior attacco del campionato, quello giallorosso. Il derby si deciderà anche in corsa, dai piedi dei singoli. E lui, Felipe, ha tutta l’intenzione di ferire.

Riccardo Cotumaccio
Twitter: @_Cotu

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