Roma-Porto. Lusitani padroni del campo, giallorossi generosi nel finale

Redazione RN
24/08/2016 - 6:55

Roma-Porto. Lusitani padroni del campo, giallorossi generosi nel finale

ROMA-PORTO, L’ANALISI TATTICA – La Roma gioca 110 minuti su 180 in inferiorità numerica nella doppia sfida del preliminare di Champions e abbandona inevitabilmente il massimo palcoscenico europeo; nella scelta dell 11 iniziale Spalletti opta per De Rossi centrale difensivo, in luogo dello squalificato Vermaelen, con il chiaro intento di volere palleggiare sin dalle retrovie in maniera da fare la gara e non attendere il Porto, e con Juan Jesus a sinistra è la classica difesa a tre e mezzo che il tecnico di Certaldo va da tempo pubblicizzando; la Roma col 4-3-3 iniziale, mentre il Porto a specchio con Danilo davanti alla difesa, ma nelle intenzioni del volere fare la gara, i giallorossi perdono fin da subito equilibri importanti, e ben presto è Nainggolan che diventa l’ ago della bilancia; il belga infatti si alza troppo, andando a giocare (come consuetudine) a ridosso di Dzeko, ma così facendo lascia Paredes e Strootman in inferiorità in mezzo al campo, dove i lusitani diventano ben presto padroni del settore nevralgico del campo, e attraverso una pressione asfissiante sulle sue nostre fonti di gioco (Paredes e Strootman) e una chiusura di tutte le linee di passaggio, recuperano e ripartono, infilandosi negli spazi, come in occasione della percussione dalla quale nasce la punizione del gol del vantaggio; i giallorossi,da un lato sono troppo pigri, con una ricerca in troppi momenti della giocata in profondità in maniera troppo scolastica e poco qualitativa, dall altro non riuscendo ad allargare di più il gioco per sfruttare le catene esterne,soprattutto la destra (Salah e Bruno Peres) evitando gli spazi intasati nel settore centrale; il gol subito ha un contraccolpo evidente sulla squadra,che fatica a ragionare,ma il colpo decisivo alle speranze della Roma arriva dall’espulsione di De Rossi, che di fatto regala definitivamente l inerzia dell incontro agli uomini di Nuno; a nulla serve l opportuno passaggio al 4-4-1 che per alcuni minuti regala l’illusione di un ritrovato equilibrio per i giallorossi,che completano l opera di autoflagellazione con la seconda espulsione di giornata; di fatto la mezz’ora finale diventa un copione scontato, con i giallorossi che con grande generosità e determinazione si gettano in avanti alla ricerca del gol che darebbe momentaneo equilibrio, di contro un Porto che attende e riparte negli spazi; i portatori di palla giallorossi cercano il più possibile, attraverso situazioni individuali di 1 contro 1, di creare parità numeriche superando avversari, ma così facendo perdono molti palloni concedendo ripartenze in campo aperto, e a quel punto si tratta solo di attendere la prima che vada a buon fine,per chiudere il discorso definitivo sul cammino in Champions della Roma; infine una nota dolente sui 12 calci d angolo battuti con lo stesso schema e traiettorie, e tutti senza esito alcuno.

SCESZSNY: sceglie di rimanere tra i pali in occasione del colpo di testa che sblocca il risultato; poi assiste al generoso ma poco lucido canovaccio offensivo dei compagni; a tal punto che vuole provare anche lui a dare il suo apporto offensivo,e si fa trascinare inopportunamente fuori dall’area in occasione del secondo gol, dove fuori tempo si fa sorprendere per poi non riuscire a recuperare o obbligare esternamente l avversario.

BRUNO PERES: sempre propositivo, ma inevitabilmente concede in fase difensiva; dopo l’ammonizione di Octavio avrebbe dovuto lavorare di più con Salah per provare sia a penetrare di più (l avversario l avrebbe potuto contrastare non troppo veementemente), che a ripristinare la parità numerica inducendo al fallo.

MANOLAS: dal 60′ la difesa giallorossa diventa a tratti a 2, con lui e Jesus che devono temporeggiare il più possibile di fronte alle ripartenze avversarie, limitando in più di un occasione il passivo, ma finendo per capitolare inevitabilmente di fronte all’ennesima in campo aperto; infelice in più di un disimpegno dalle retrovie.

DE ROSSI: inaccettabile, ma purtroppo è un copione già visto, il suo intervento scomposto a 90 metri dalla propria porta per un giocatore della sua esperienza; difficilmente riesce a non accusare nervosismo e scarsa lucidità nei momenti topici di una stagione, e il sipario scende sempre in maniera sinistra con cinica puntualità.

JUAN JESUS: si fa sorprendere in occasione del vantaggio,dal movimento ad aprirsi dell avversario verso il secondo palo; da terzino mantiene gli equilibri di una difesa a 3, lasciando spingere Bruno Peres sulla corsia opposta, mentre quando deve stringere al centro comincia una gara in campo aperto cercando di fronteggiare le ripartenze dei lusitani.

PAREDES: in 10 la scelta del suo avvicendamento è quantomeno opportuna, anche in virtù del rendimento fino a quel momento poco brillante; compassato e prevedibile, orizzontale e poco qualitativo nello smistamento della palla, gli mancano ancora troppe linee di passaggio (in situazioni di pressing e mancanza di spazi) per potere essere il regista che Spalletti vorrebbe; compie il fallo dal quale nasce il vantaggio, intervenendo con irruenza sull avversario,anziché accompagnarlo fino al centrale difensivo e lavorare sul raddoppio successivo.

STROOTMAN: corre per 90 minuti, lasciato in inferiorità numerica contro un intero reparto avversario, con Paredes che fa quello che può per aiutarlo; l interrogativo principale era se alla terza gara da 90 minuti intera, in 7 giorni, avrebbe saputo tenere; la risposta è che l olandese la completa sia a livello di tenuta atletica, che di temperamento, un esempio di carattere e ferocia agonistica dalla quale la Roma può, e deve ripartire, per trovare le energie necessarie per uscire velocemente dalla serata negativa.

NAINGGOLAN: veramente ingrato il destino della serata che toglie al giocatore, che più di tutti in campo cercava di ribellarsi ad un fato ormai delineato e beffardo, la possibilità di salvare l’onore delle armi; sfiora il gol,corre a tutto campo,suona la carica a più riprese, lotta con disumana veemenza, ma riceve in cambio nulla che possa lenire la sua delusione più dura da digerire di questi suoi 30 mesi in giallorosso.

SALAH: raddoppiato e triplicato sugli esterni, non trova spazi centrali per cucire gioco e provare a concludere, tranne l unica situazione in cui taglia alle spalle di Dzeko impegnando Casilllas.

PEROTTI: ci prova sempre a creare superiorità numeriche (quando siamo ancora 11 contro 11), e parità numeriche vitali dopo la prima espulsione,ma rimane la sensazione di incompiuto.

DZEKO: la serata e il contesto giusto per capire se l ultimo gradino (quello del temperamento) da fare verso il processo di crescita e limatura dei difetti da colmare sia raggiunto da parte del bosniaco; il responso è interlocutorio, con qualche movimento opportuno, ma con ancora tante, troppe situazioni in cui da’ l impressione di non avere la cattiveria giusta per attaccare convinto le traiettorie(almeno una decina)che piovono dalle corse esterne; nonostante tutto la sua sostituzione toglie di fatto le ultime speranze di potere occupare con peso, presenza fisica e idee gli ultimi 30 minuti del disperato assalto finale.

EMERSON: entra a sinistra e conferma come,nei momenti di difficoltà,siano proprio i giocatori di poco temperamento a peccare di lucidità, il tutto non prima di avere interpretato personalmente una lettura difensiva.

ITURBE: col suo ingresso,da punta centrale,cala definitivamente il sipario sulla gara; se con Dzeko si poteva quantomeno andare a giocare sullo sporco,sui rimbalzi,mischie e seconde spalle, con l’argentino gli spazi dei quali avrebbe necessitato erano di fatto inesistenti; velleitario e pressoché impalpabile, per rimanere fedele al suo copione in giallorosso.

GERSON: ingresso irrilevante.

Maurizio Rafaiani

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