• Roma-Napoli, l’analisi tattica: primo tempo giallorosso da ‘sparring partner’, nel secondo manca sempre l’ultimo passaggio

    Redazione RN
    22/03/2021 - 7:00

    Roma-Napoli, l’analisi tattica: primo tempo giallorosso da ‘sparring partner’, nel secondo manca sempre l’ultimo passaggio

    ROMA NAPOLI ANALISI TATTICA – Una Roma stanca, alla quinta gara in 14 giorni, benedice la sosta per le nazionali che arriva giusto in tempo per limitare i danni prima che questi diventino inesorabili, ma la corsa Champions appare quanto mai compromessa, con i giallorossi che confermano puntualmente i limiti nell’affrontare squadre di spessore, evidenziati su queste pagine già dopo pochi mesi di campionato, e ai quali ormai tutti hanno finito gradualmente per adeguarsi, anche i più strenui difensori di un gruppo privo di leader reali; coi soliti limiti di personalità, mentalità, temperamento, è disarmante assistere all’ennesima prova anonima di un gruppo che di fronte a certe inerzie di gara non sa mai trovare  soluzioni, reazioni, mestiere, e provare ad attirarsi la fortuna con i giusti atteggiamenti e predisposizioni mentali.

    Moduli e sviluppi di gioco

    Fonseca, che aveva gestito la gara di Kiev in funzione anche di questo spareggio, modulando forze e minutaggi, insiste con Pellegrini in mediana in verticale davanti a Diawara che cuce il gioco dal basso, con Spinazzola e Karsdorp esterni a completare la linea dei centrocampisti; davanti a Pau Lopez ci sono Cristante (centrale) con Mancini e Ibanez braccetti, mentre sul fronte opposto, avanzato, il rientro di Dzeko gli consegna come compagni di reparto Pedro ed El Shaarawy; Gattuso, che sta recuperando gradualmente infortunati e solidità difensiva, schiera il suo 4-2-3-1 davanti a Ospina con Koulibaly e Maksimovic centrali a gestire fisicità di Dzeko, Hisaj e Mario Rui terzini sempre puntuali in appoggio all’azione ma senza prerogativa di guadagnare fondo campo; in mezzo Demme sviluppa gioco e Fabian Ruiz si unisce alle catene offensive sul centro destra, con davanti a loro come vertice alto sotto punta la qualità di Zielinsky tra le linee, sempre molto bravo anche negli inserimenti senza palla; il tutto con un tridente offensivo nei rapidi e guizzanti Mertens al centro, con Politano e Insigne punte esterne a piede invertito.

    Rileggi le parole di Fonseca nel post-partita

    Desolante primo tempo da Sparring partner

    Nell’intento di gestire le forze residue, l’atteggiamento tattico iniziale dei giallorossi è cauto, di attesa, concessione dell’iniziativa, con un pressing medio, e una linea difensiva meno alta del consueto, con il Napoli che gestisce il suo  possesso palla e circolazione disponendo ben presto di tale concessione; in funzione di ciò i partenopei diventano padroni del campo, gestendo la supremazia territoriale al meglio, con la Roma che corre a vuoto praticamente da subito, con una imbarazzante difficoltà nell’uscita da dietro pulita, nonostante Cristante; lo schieramento e atteggiamento del Napoli consente una riaggressione immediata alla palla, con la Roma che nell’uscita sugli esterni è subito bloccata, con le catene esterne degli uomini di Gattuso sempre equilibrate ,che riescono a raddoppiare subito sia su Spinazzola che Karsdorp, per cui sarebbe importante cercare linee di passaggio più dentro al campo, tra le linee ,dove Demme e Fabian Ruiz hanno meno peso specifico, e un passo diverso per andare a prendere alle spalle Pedro ed El Shaarawy se vengono dentro al campo a ricevere ; ma nei pochi momenti in cui accade, per El Shaarawy è sufficiente un Hisaj molto aggressivo per non incidere mai negli spunti sul centro sinistra, e per Pedro a spasso per il campo con generosità encomiabile per lo spessore storico, ma compassionevole negli esiti, le possibilità di accompagnare l’isolato Dzeko sono remote; e proprio Dzeko, dopo 20 minuti di dominio totale biancazzurro, prova a spezzare la pressione vincendo un rimpallo su un duello aereo, ma concludendo in maniera molle e poco incisiva; ma è un fatto isolato, col Napoli che mantiene la sua supremazia, facendo correre a vuoto i giallorossi, e costringendoli a falli, con Zielinski tra le linee dietro i mediani giallorossi che si guadagna una punizione dal limite, con Ibanez che non sa frenare l’impeto volendo marcare forte, ma nella zona sbagliata (il limite dell’area) su un avversario spalle alla porta; e dopo Insigne all’andata, sul calcio piazzato susseguente va Mertens a cercarsi la gloria con una conclusione dove Pau Lopez lascia ampiamente a desiderare, sorpreso sul suo palo; l’indizio su quello che sarà l’esito finale dell’incontro è già chiaro, e nel breve periodo Pau Lopez si fa trovare a spasso per l’area su Politano, che aveva sorpreso alle spalle Ibanez per la sponda e il comodo tocco di Mertens a porta praticamente vuota è una pietra tombale sul match.

    Rileggi le dichiarazioni di Pellegrini nel post-partita

    Ripresa velleitaria, il Napoli amministra con pochi patemi isolati

    Si riparte con i medesimi 22 del primo tempo, e la Roma con qualche minuto di orgoglio di chi non ha più nulla da perdere e va disperatamente a pressare altissima, trova due situazioni propizie, ma le conclusioni deboli e velleitarie di Pellegrini e Dzeko sono solo l’emblema di una squadra senza attimo fuggente; così il Napoli può permettersi di amministrare e abbassare il baricentro in base ai momenti della gara, così come ringraziare la buona sorte che in occasione del palo di Pellegrini dimostra come il calcio sia implacabile, quando non hai gli atteggiamenti giusti in una gara che hai già compromesso ti gira le spalle anche la fortuna; la gara non ha mai una storia diversa, e la generosità che i giallorossi mettono in campo nel secondo tempo non basta a giustificare gli eventi; Gattuso comincia a congelare il risultato con Osimhen per Mertens, guadagnando oltre alla velocità già presente col belga anche in peso, mentre Fonseca sostituisce Dzeko,Pedro,Diawara, con Borja Mayoral,Carles Perez,Villar; la Roma prova un breve forcing, dove mancano sempre ultimo passaggio e passaggio di preparazione all’ultimo passaggio, e reclama pure un possibile rigore, ma quando non dimostri temperamento in campo un arbitro difficilmente può subire un fascino che lo porti a sovvertire l ordine delle cose; Lozano ed Elmas (va dietro ad Osimhen) per Politano e Zielinski e Gattuso inserisce forze fresche e nel finale si abbassa per non rischiare nulla e ripartire in contropied; Kumbulla per Pellegrini, con Cristante che va in mezzo, per Fonseca, mentre Gattuso completa gli avvicendamenti con Bakajoko e Manolas per Insigne e Maksimovic; e visto che al peggio non c’è mai fine, all’ammonito e diffidato Ibanez del primo tempo trova modo di aggiungersi nel finale anche il cartellino giallo per il diffidato Villar, entrambi assenti alla ripresa del campionato sul difficile campo di Sassuolo, che potrebbe decretare già a Pasqua passione o resurrezione; ma visti i presupposti e le indicazioni di questi mesi diventa esercizio di malfidato ottimismo pensare ad un gruppo che possa sovvertire nell’ultima parte di stagione una tendenza al fallire sistematicamente ogni esame di maturità, complesso d’inferiorità e sudditanza psicologica di chi non ha la forza di cambiare il suo debole destino….

    Maurizio Rafaiani

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    1. Che vergogna che siete, primo fra tutti quello che sta in panchina, che dovrebbe bacia per terra per aver “allenato” in serie A!
      Inutile, dannoso, incapace, con tanti smidollati in squadra.
      Manco sesti arrivate perché quegli altri, in quanto ad attributi, non vi vedono proprio e in panchina hanno un allenatore.
      Vergognatevi, mai vi si vede inca*ati, con un pizzico di amor proprio…poveri tifosi che devono guardare questo scempio!

    2. Nel calcio, prima ancora che i grandi tecnici, esistono i grandi motivatori. Fonseca, comunque, non è né l’uno né l’altro. È un tecnico mediocre e un motivatore che avrebbe poco successo ache se allenasse una squadra di un oratorio. I giocatori della Roma, demotivati, pavidi, senza amor proprio, spaesati, che abbiamo visto ieri, sono la diretta conseguenza dell’incapacità di Fonseca di creare un gioco valido ma soprattutto di creare un’atmosfera guerriera e vincente. Credo che molti allenatori di serie B o anche di C, non farebbero peggio di Fonseca. Chiedo solo: ma la nuova proprietà americana è consapevole della pochezza di questo tecnico? È consapevole che prima ancora di acquistare grandi giocatori sia necessario avere un tecnico in grado di motivare i giocatori, di dare un’anima guerriera alla squadra? Il gioco, spesso, nasce e si sviluppa quando i giocatori credono in quello che fanno, quando i giocatori sentono il sacrificio piscofisico come necessità per giungere al successo. Possiamo dire che i nostri giocatori hanno tali motivazioni?

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