La maledizione dei rigori, Siviglia come Liverpool. La Roma rivive l’incubo e Mourinho ingoia la prima sconfitta in finale
Ai tempi regolamentari finisce 1-1 e la Roma va a giocarsi i tempi supplementari in una finale di una competizione europea per la seconda volta nella sua storia, dopo quella della Coppa dei Campioni del 1984, poi persa alla lotteria dei rigori contro il Liverpool.
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Finisce come con il Liverpool. Corsi e soprattutto ricorsi storici. Una battaglia infinita, finita in lacrime amare dei veterani e dei giovanissimi, del campione del mondo Dybala e del talento Bove. Con le lacrime trattenute di Mourinho, con lo smarrimento di Rui Patricio e il sangue dal labbro di un Ibanez morto e risorto centinaia di volte in questa finale.
Il Siviglia vince l’Europa League per la settima volta, calpestando i sogni degli oltre 25 mila cuori giallorossi arrivati a Budapest sfidando le rotte aeree di tutta Europa e anche extra Europa; viaggiando sui treni da Vienna, sacrificandosi sui pullman, le auto private e i camper. Una lotteria da mobility manager della passione romanista, investendo tempo e centinaia di euro per essere nel catino della Puskas Arena. E calpestando anche i sogni delle oltre 55mila anime che simulavano la finale attraverso i pixel dei maxi-schermi, i suoni, gli odori e le facce familiari dello stadio Olimpico.
Mourinho e il futuro
Tristezza, delusione e silenzio piombano sulla capitale ungherese e sulla capitale italiana. E’ dura da sopportare, in primis per “mister finale”: Mourinho perde per la prima volta su sei l’ultimo step di una coppa europea, lui che fin qui le aveva vinte tutte. Poca voglia di parlare, lo fa Josè per lasciare un messaggio e attrarre ancora una volta l’attenzione su di sé: il suo futuro non è deciso, deve confrontarsi con la società perché vuole lottare per i suoi ragazzi, perché vuole una rosa più competitiva e una spalla che lo supporti nella gestione della squadra e delle dinamiche di un club che vuole competere per traguardi prestigiosi.
Il gol di Dybala e l’autogol di Mancini che inverte il corso della storia
Sembrava indirizzata la finale quando l’acquisto più costoso dei Friedkin, Paulo Dybala, la sbloccava tornando titolare dopo 48 giorni, dal 13 aprile scorso contro il Feyenoord in trasferta in Europa League. Cinque gol nella competizione per la Joya, capocannoniere giallorosso di EuropaLeague. Corsi e ricorsi storici dicevamo. E allora perché non leggerci un bel saggio sul destino nel fatto che il gol dell’argentino fosse arrivato come nella scorsa stagione con l’assist di Mancini come per Zaniolo? A sparigliare tutto c’è invece l’autogol sfortunato proprio di Mancini, un errore che inverte di fatto il corso della storia.
Siviglia come Liverpool e la Roma si ferma sul più bello
Ai tempi regolamentari finisce 1-1 e la Roma va a giocarsi i supplementari nella finale di una competizione europea per la seconda volta nella sua storia, dopo la Coppa dei Campioni del 1984 poi persa alla lotteria dei rigori contro il Liverpool. Tutto apparecchiato per bissare quella cocente delusione di 39 anni fa. Si va alla sfida dagli unidici metri. Gli andalusi dal dischetto sono glaciali, i romanisti arrivano invece sfiniti e sfiancati nel momento clou, al termine di una maratona durata 146 minuti, con recuperi extralarge e supplementari interminabili. Così la Roma si ferma sul più bello, a un passo dalla doppietta Europa-Conference League in due anni.
GSpin