Roma, addio sogni di gloria

Redazione RN
16/04/2017 - 6:38

Roma, addio sogni di gloria

IL MESSAGGERO (U.Trani) – L’Olimpico spegne d’incanto le sue 35 mila affettuosissime voci. Silenzio assoluto. Come se dentro lo stadio, all’improvviso, non ci fosse più nessuno. Nè fischi nè applausi, dopo l’1 a 1 contro l’Atalanta, sintesi della delusione e della rassegnazione per la nuova stagione da zeru tituli. Fuori dalla Champions, dall’Europa League, dalla Coppa Italia e, a 6 giornate dal traguardo, anche dalla corsa scudetto. La Roma stecca con la solita prestazione a metà, facendo scena muta proprio davanti a Gasperini, contattato nei mesi scorsi dal management italiano di Pallotta: potrebbe essere l’erede di Spalletti. Che, nella volata, non sembra più padrone della situazione, stanco almeno quanto i suoi giocatori e di conseguenza poco lucido alla meta.

STAGIONE A RISCHIO – L’esibizione dei giallorossi è fiacca e vuota. Soprattutto allarmante. Perché, con la Juve capolista di nuovo lontana 8 punti (con la migliore differenza reti: (più 1) e vicinissima al 6° titolo consecutivo, è in pericolo il 2° posto, cioè l’Obiettivo della proprietà Usa: il Napoli vola e adesso insegue a meno 2. Chi arriva dietro ai campioni d’Italia va direttamente in Champions e quindi alla cassa: il bilancio del club di Pallotta, ancora fortemente condizionato dal Financial Fair Play, non si può permettere per 2 anni di fila di fare a meno degli introiti sicuri dell’Uefa. Il flop a 360 gradi è, insomma, da evitare.

RECITA PARZIALE – La Roma, rallentando in classifica, si complica dunque il finale di quest’annata che fin qui non è da ricordare. Il 1° pari casalingo in campionato (e il 1° dopo 5 mesi e mezzo: l’ultimo il 30 ottobre a Empoli) evidenzia i limiti attuali del gruppo. Che nemmeno l’allenatore è più in grado di coprire. Manca il comportamento da squadra, smarrito già da qualche settimana. Spalletti si ritrova con 13-14 titolari e il turnover, con pochi ricambi, ha l’effetto boomerang. La stanchezza dei giocatori c’è, ma pesa quanto la povertà di idee. L’involuzione è inequivocabile, soprattutto tattica. I giallorossi, come spesso è accaduto pure in passato, sbagliano metà partita. La traccia iniziale è vaga: il 4-2-3-1 scelto per affrontare l’Atalanta è sciatto e disorganizzato. Gasperini, tra l’altro, è senza 4 titolari: Gomez è squalificato, Spinazzola infortunato, Berisha e Mounier bloccati al fotofinish dall’influenza intestinale. In più, pensando alla sfida vinta all’andata, non ha più Gagliardini, centrocampista della Nazionale. Eppure, approfittando della lentezza nel giro palla di De Rossi e Strootman che non trovano mai la soluzione esterna per la latitanza di Rudiger e Rui, si prende il match nella prima parte. Colpendo negli spazi che concede la Roma, lunga e statica, fin dall’alba della partita. Il 3-5-1-1 nerazzurro, quando è il momento di ripartire, ha la sostanza del 3-4-3. Kessie, futuro giallorosso con fisico e piede, si diverte a prendere e mollare Nainggolan. Quando lo lascia, ci pensa l’ex Toloi. Kurtic segna a metà tempo, su cross di Conti che lascia sul posto Rudiger. Quello che Perotti non riesce a fare, sempre sul lato sinistro, con Hateboer.

ASSALTO A VUOTO – Migliore la Roma della ripresa. Più coinvolta. Con Peres per Manolas e Rudiger centrale accanto a Fazio. Dzeko pareggia presto: cross di Rui, torre di testa di Salah e 25° gol in campionato del centravanti (35° stagionale) che resta capocannoniere con Belotti. Gasperini usa D’Alessandro, fuori Cristante, per avere più corsa. Ma l’Atalanta non è più quella del primo tempo e, subìto il pari, passa il momento peggiore del match: De Rossi prende il palo e Nainggolan la traversa (18 legni, il top in A). Con Cabezas per Kurtic, si mette però a specchio e rivede la luce per tenersi stretto il 5° posto: nel 4-2-3-1, Toloi fa il mediano e Kessie il trequartista. Spalletti osa con El Shaarawy per De Rossi. Dietro a Dzeko c’è Perotti che a 4 dal recupero lascia il posto a Totti. Il capitano, 615 gare in A, diventa 3° nelle presenze all time. Raggiunto l’amico Zanetti. Senza, però, festeggiare. Come i tifosi.

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