Occhio alla penna | No alle aggressioni, comprese quelle giornalistiche
Torna l'appuntamento con la rubrica "Occhio alla penna"! Il tema che Paolo Marcacci propone ai lettori

OCCHIO ALLA PENNA – Torna l’appuntamento con la rubrica “Occhio alla penna”! Il tema che Paolo Marcacci propone ai lettori di Romanews.eu, oggi spazio alle polemiche per i fatti di Budapest.
No alle aggressioni, comprese quelle giornalistiche
Cominciamo dalle parole. Meglio: dal peso che va attribuito alle parole, soprattutto quando si sta offrendo un servizio di informazione attraverso di esse.
Se il Signor Taylor quando viene riconosciuto dai tifosi romanisti all’aeroporto “Liszt” di Budapest viene investito da urla di dissenso e una serie di espressioni diciamo poco urbane – in mezzo a un coro che incita la Roma – si tratta, come ha detto Angelo Mangiante durante uno dei suoi servizi su Sky Sport, di una “contestazione veemente”, non di una vera e propria aggressione. Se poi qualcuno, come accade spesso in vari contesti, dallo stadio alle liti nel traffico, trascende e nella fattispecie fa volare una sedia, chiaramente commette un atto che va sanzionato ma lo commette a livello individuale, in mezzo a tanti che urlano, fischiano, in qualche caso insultano ma per la maggior parte cantano “Roma alé”, come si sente nell’audio del video.
Una cosa la sottolineiamo, prima di procedere: nessuna ragazzina dovrebbe arrivare a piangere e ad avere paura perché della gente sta insultando suo padre. Detto ciò, chi di voi vive in un mondo perfetto, dove tutto si svolge serenamente e chi si arrabbia riesce sempre a mantenere la calma, ce lo faccia sapere.
Bisogna quindi fare attenzione a come viene offerta la “narrazione” giornalistica di un qualsivoglia evento. Usiamo le virgolette perché il termine in questa accezione ultimamente viene abusato e non si rende fede al suo vero significato. Stavolta lo adoperiamo appositamente per far capire che il modo di raccontare un fatto non può prescindere dalle proporzioni evidenziate dalle parole. In questo senso ci viene offerto un parallelismo da fatti recentissimi: abbiamo riscontrato una serie di aggettivi simili sia per la descrizione dei pochi secondi del passaggio di Taylor in mezzo alle transenne all’aeroporto che per gli incidenti gravi di Brescia, dentro e fuori lo stadio “Rigamonti”, iniziati addirittura prima del termine di Brescia – Cosenza. Il lettore capisce da sé che qualcosa non va.
A proposito di proporzioni: se il Ministro per lo Sport e per i giovani Andrea Abodi si sente in dovere di twittare tutta la sua indignazione per quanto accaduto a Taylor, ci saremmo aspettati parole di riprovazione ancora più ferma per vari accadimenti che stanno mettendo in cattiva luce il calcio italiano negli ultimi tempi, forse persino più scandalosi della seggiola che fa una capriola all’aeroporto. Perché altrimenti, se fossimo maliziosi, dovremmo pensare che faccia più comodo parlare della pagliuzza Taylor che affrontare nel modo dovuto la trave di qualche scandalo che sta mettendo in imbarazzo il calcio italiano.
Alcuni amici, loro sì maliziosi, ci fanno notare che tutto il battage sui minuti di tensione vissuti dall’arbitro inglese secondo loro sarebbe funzionale a colpire e screditare Mourinho, dopo tutto quello che si è permesso di dire su alcune direzioni di gara in Italia e in Europa. Ma noi, che come abbiamo detto maliziosi non siamo, non riusciamo a crederci, anche perché se dovessimo pensare che certi atteggiamenti arbitrali, con le relative decisioni, siano frutto di un atteggiamento ostile degli arbitri in risposta alle proteste di Mourinho, sarebbe roba da ufficio inchieste. Ecco perché non ci crediamo, pur sorprendendoci di certe enfatizzazioni giornalistiche.
Paolo Marcacci