Occhio alla penna | Budapest val bene una laurea
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Marta, te lo confesso: non ci potevo credere. Quando ho saputo della vicenda della tua laurea imminente in biologia, del fatto che nel giorno in cui tagli questo traguardo papà non potrà esserci, ho capito una volta di più quanto voi giovani possiate essere egoisti. Di più: ingrati. E infine biologi, nel tuo caso, questo da mercoledì prossimo in poi.
Siccome, per gli anni che ho, potrei esserti padre, mi è venuto naturale immedesimarmi nella situazione e al solo pensiero ho provato sofferenza nell’immaginare di non presenziare alla discussione della tua tesi. Perché nemmeno io, bella de papà, ce sarei potuto venì. Te lo dico in romanesco perché nei momenti di maggiore amarezza viene fuori la parlata dialettale. E te lo dico in romanista, se permetti: ma dopo tutti i sacrifici che papà ha fatto per farti studiare, proprio il giorno della finale te dovevi laureà?!
Voi giovani sapete essere così egoisti, così maledettamente focalizzati solo sui vostri obiettivi, da non pensare che un uomo di sessant’anni, dopo una vita passata ad attendere di poter chiamare Dottoressa la luce dei suoi occhi, debba provare l’amarezza di non poter essere presente. Cosa ci poteva essere di più importante, per papà, del giorno della tua laurea? Giusto una finale europea con la Roma! E tu, che fai? Gli sottrai la gioia di esserci, di vederti con la coroncina di alloro, con la tesi in mano…tu la tesi, lui teso, ‘na cifra, prima del fischio d’inizio a Budapest.
So già cosa stai per dire, figliola e ti prego di non dirlo: la laurea capita una volta sola! A parte che se ti impegni puoi tentare di prendere una seconda laurea senza “azzeccare” la data di una finale di coppa, ti vorrei rivolgere una domanda: ma perché, dù finali de coppa una dopo l’altra c’erano mai capitate?
L’ambizione che ti ha portato a ultimare il percorso accademico è una cosa buona, è un po’ come arrivare in finale se ci pensi (scusa, m’è uscita così), ma non deve passare sopra il rispetto nei confronti di chi ti ha messa al mondo. Papà in quelle stesse ore sarà preoccupato per le condizioni di Dybala, per la tenuta di Smalling; tu in fondo devi fare una passerella, una discussione di pochi minuti, poi baci, abbracci, i brindisi, il fotografo…mica devi affrontare il Siviglia tu! È papà che si immola per te, che tante volte ha sofferto, che ogni volta che giocava con te quando eri piccina si faceva vedere sorridente ma dentro pensava al Liverpool, al Lecce, alla Sampdoria nel 2010, ma non te lo ha fatto mai pesare. E tu che fai, ora che sei cresciuta? Pensi alla laurea. E se papà non c’è gliene fai una coppa…pardon, una colpa!
Non voglio disturbarti oltre, Marta, ma una domanda te la devo fare, prima di salutarti: ma sei sicura che i professori se presentano?
In bocca alla Lupa, Marta.
Paolo Marcacci