Lukaku giallorosso, i sette colli di Rom

OCCHIO ALLA PENNA – Torna l’appuntamento con la rubrica “Occhio alla penna”! Il tema che Paolo Marcacci propone oggi ai lettori di Romanews.eu riguarda l’arrivo del bomber belga Romelu Lukaku.
Una trama tessuta minuziosamente, per un colpo di scena arrivato quando qualcuno era certo di aver già letto i titoli di coda. O di averli decretati, per meglio dire, con tanto di stroncature nei confronti di Pinto e dei Friedkin.
Nel giro di poche ore, l’arrivo di Azmoun è passato da ripiego (giudizio in ogni caso tecnicamente ingiusto) ad aperitivo in attesa del piatto forte. Anche se, per l’atteggiamento della Roma di Mourinho, le caratteristiche di Lukaku costituiscono addirittura un piatto unico, a maggior ragione se pensiamo alle occasioni, speriamo numerose, nelle quali il belga avrà Dybala alle spalle.
Noi i bilanci li stiliamo soltanto quando è il momento e ora vale la pena guardare indietro a più di qualche settimana fa, quando il piatto piangeva per quasi tutte le società italiane di vertice, Milan a parte, a livello di trattative ma proprio qui in città in tanti si accanivano a far passare il concetto di una Roma colpita da immobilismo e nel frattempo impoverita dalle vicende del “Signor” Matic, anche se a ben guardare erano stati definiti il ritorno in prestito di Llorente, l’arrivo di Ndicka e il prestito di Aouar. Sarebbero poi arrivati l’acquisizione di Paredes e il prestito di Sanches.
Mancava la punta, ancora e facendo fin troppo leva sulle necessità romaniste la dirigenza dell’Atalanta aveva imbastito una sorta di “cojonella” in salsa bergamasca dalla quale la Roma si è tirata fuori dopo aver atteso comunque troppo. Nota bene: in quel caso, Pinto è stato rimproverato prima di aver aspettato troppo l’accordo per il colombiano, poi di non aver più voluto trattare con l’Atalanta quando c’era stato l’ennesimo ripensamento per e su Zapata. Troppo facile, così.
Ora, dopo ore febbrili e un volo verso Londra monitorato con piglio da voyeur, prima di accogliere il gigante, sarebbe il caso di sottolineare che un lavoro gigantesco, con i mezzi e le disponibilità che sappiamo, è stato compiuto da questo signore, ossia Tiago Pinto, e da questa dirigenza, con i suoi rapporti, il suo stile (non) comunicativo, le sue fondamentali attese. Perché le telefonate di Mourinho, vedete, aiutano, al momento giusto, ma da sole non bastano.
Paolo Marcacci