Da Giovannelli a Yanga-Mbiwa: fenomenologia dei derby di Roma

Marco Guerriero
19/03/2023 - 11:50

La storia dei derby tra Lazio e Roma spesso è stati decisa dagli uomini meno attesi oppure in contesti abbastanza particolari: questi sono soltanto alcuni degli esempi negli incontri della stracittadina

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Da Giovannelli a Yanga-Mbiwa: fenomenologia dei derby di Roma

LAZIO ROMA DERBY – Lo scrittore statunitense David Foster Wallace, in un discorso tenuto nel 2005 al Kenyon College, ha raccontato la storia di due pesci che, mentre stanno nuotando, ne incontrano ad un certo punto uno più anziano. Quest’ultimo li saluta e chiede ad entrambi com’e oggi l’acqua. Alla domanda, però, i due non rispondono. Anzi, dopo un po’ si interrogano addirittura su questa parola chiamata appunto acqua.

Il testo di Wallace, dal titolo piuttosto eloquente “Questa è l’acqua”, è stato utilizzato come punto di partenza dei teorici della letteratura per analizzare, problematizzare e decostruire conoscenze basilari che sembravano acquisite. E tutto ciò si potrebbe applicare anche per Lazio-Roma di questo weekend. Quante risposte ci sono alla domanda: che cos’è il derby?

Sicuramente ognuno ha la propria idea, legata anche ad emozioni e ricordi personali. La sfida della stracittadina significa passione dei tifosi, adrenalina, sfottò, spirito di appartenenza. Vivere e giocare un derby è un’esperienza irreale, mistica, quasi esoterica, dove basta anche solo un attimo per iscrivere il proprio nome nell’opera omnia dell’Olimpico.

È il caso di alcuni calciatori giallorossi, che magari sono rimasti pochi mesi o diverse stagioni in quel di Trigoria, ma tanto è bastato per diventare eroi per un giorno, o meglio, per l’eternità. Perché Roma è la città senza tempo, e quando arriva una sfida così sentita come quella del derby anche la più piccola delle comparse può diventare il protagonista di questo romanzo.  

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Il Derby di Giovannelli

In sei anni di Roma, il giallorosso Paolo Giovannelli è sceso in campo una quarantina di volte. Lanciato dall’ex CT Ferruccio Valcareggi, il centrocampista di Cecina ha avuto la possibilità di condividere lo spogliatoio con gente del calibro di Falcao, Di Bartolomei, Bruno Conti, Ancelotti e Pruzzo. Poi però il nefasto infortunio al ginocchio, dal quale non si riprenderà più, lo ha costretto a patire diversi mesi di Purgatorio prima della cessione definitiva al Pisa.

Eppure, nelle stagioni passate all’ombra del Colosseo una gioia c’è stata. Quel 3 marzo 1980 ha rappresentato infatti il momento di conciliazione definitivo tra Giovannelli e il pubblico romanista. E l’occasione è arrivata proprio in un derby contro la Lazio. Succede tutto nella ripresa: all’iniziale vantaggio di Pruzzo (60’), la compagine di mister Lovati aveva risposto con D’Amico (75’).

Mancano cinque minuti al triplice fischio. La retroguardia biancoceleste respinge malamente un cross in mezzo di Benetti. Il pallone sbuca all’altezza della lunetta dell’area di rigore e Giovannelli, con tutta la foga in corpo, si avventa su di esso. Dal suo piede parte un siluro che spacca la porta difesa da Cacciatori: un gol da cineteca. Alla fine, il risultato sarà 2-1 per la Roma. Quella rete rimarrà l’unica di Giovannelli in giallorosso, ma il ricordo dell’esultanza sotto la Curva Sud vive tutt’oggi.

“È successo 41 anni fa, eppure ce le ho ancora dentro, quella gioia e quella corsa. Posso riviverle anche adesso” – ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera – “Il ricordo è che la curva non arrivava mai, mai. Mi sembrò di fare un allungo infinito, appena dopo il gol mi lanciai dall’area di rigore sulla pista di atletica verso i tifosi, e mi pareva che più andavo più ci fossero metri da fare, come se il tempo fosse sospeso… correvo e intanto sentivo una felicità immensa nel petto, qualcosa di non spiegabile […]. Un’emozione che non si dimentica”.

Vola, tedesco vola!

Nella favola dei derby della Capitale, l’Olimpico non è stata l’unica pièce teatrale ad aver messo in scena i duelli rusticani tra Lazio e Roma. Più o meno a cinque km di distanza dallo stadio, ce n’è un altro che ha saputo regalare emozioni altrettanto uniche. Si tratta del Flaminio. In quel periodo l’Italia sta attuando una completa ristrutturazione dei vari impianti sportivi in vista dei Mondiali da ospitare quell’estate.

E tra questi, c’era anche lo stadio Olimpico. Di conseguenza, Roma e Lazio furono costrette ad emigrare al Flaminio per tutta l’annata 89/90. Da un lato la compagine di mister Gigi Radice, dall’altro quella del tecnico Materazzi. La squadra giallorossa, in particolare, è rappresentata nello spirito del capitano Giuseppe Giannini ed è trascinata in campo dai gol del capocannoniere Rudi Voeller.

In mezzo alle 16 reti siglate quell’anno, non si può dimenticare il colpo di testa contro la Lazio in occasione della 12esima giornata di ritorno. Una partita sporca, confusionaria, esteticamente non entusiasmante. Novanta minuti disputati sul filo del rasoio, dove in certi tratti l’agonismo dei singoli calciatori ha sovrastato il gioco delle due squadre.

Un pendolo che continua ad oscillare tra il paradiso della vittoria e l’inferno della sconfitta, ma al 30’ del primo tempo questo equilibrio precario viene spezzato in due dal boato dei tifosi. Il Principe cavalca tutta la fascia sinistra e crossa nel cuore dell’area di rigore. Il portiere Orsi pasticcia non trattenendo la sfera, che arriva precisa sulla testa di Voeller.

Con la porta completamente sguarnita, il tedesco insacca da pochi passi. A inizio ripresa la Lazio prova a riaprire i giochi, ma non c’è niente da fare: la Roma si aggiudica il derby della stracittadina con la rete del bomber. In cinque anni di Roma, il pubblico giallorosso esulterà altre 45 volte per un suo gol. E forse per questo motivo, quando la testa di un romanista ritorna a quei momenti vissuti al Flaminio, riecheggiano sempre le note di quella famosa canzone: “Vola, tedesco vola/ Sotto la curva vola/ Tedesco vola/ La curva si innamora”.

La ciabattata di Cassetti

Se la Roma di Gigi Radice era entrata nel cuore dei tifosi per il suo spirito combattivo, anche quella di Claudio Ranieri della stagione 2009/2010 diede modo di dimostrare altrettanto. C’è da dire innanzitutto che l’inizio di quel campionato aveva lasciato presagire tutt’altro: due sconfitte nelle prime due uscite, con Spalletti che si dimette a causa di alcune vedute in contrasto con la società.

Gli subentra in corsa Ranieri, grande uomo e tifoso giallorosso, reduce dal suo biennio sulla panchina della Juventus. Sotto la guida del nuovo tecnico, la Roma torna prepotentemente in corsa per la lotta Champions. Ma è la vittoria del derby alla 15esima giornata a far sognare ancora di più l’etere capitolino. Le due squadre arrivano al match con il morale completamente opposto.

Se da un lato ce n’è una lanciatissima verso le zone alte della classifica, i biancocelesti di Ballardini navigano in acque agitate, rimanendo leggermente a galla (per la precisione solo di un punto) rispetto al fondo della zona retrocessione. Ma quando si gioca un derby, questi valori non contano. Il match è intervallato da continue interruzioni. Gli unici highlights degni nel primo tempo sono un tiro dalla distanza di Riise e un cross insidioso di Matuzalem.

La ripresa del match registra subito quella incredibile doppia occasione per la Lazio: il palo di Zarate e il colpo di reni di Julio Sergio sulla botta sicura di Brocchi. Dopo l’uscita di Mexes per infortunio, infatti, la retroguardia giallorossa deve un attimo ritrovare le misure. Al suo posto Ranieri gioca la carta Marco Cassetti. Giunto a Roma nell’estate 2006, il centrocampista classe ’77 ha già messo in bacheca due Coppe Italia e una Supercoppa italiana. Certo, il sogno sarebbe vincere lo scudetto ma ovviamente non è così semplice.

L’anno di nascita dell’ex Lecce sembra avere in qualche modo un collegamento parallelo anche con la sua carriera calcistica. Come un segno del destino, al 77’ Brighi apre a destra per Vucinic, il montenegrino si accentra e mette dentro proprio per Cassetti che tenta un tiro al volo. La traiettoria schiacciata è tanto precisa quanto basta per non farci arrivare Muslera.

L’esultanza a seguire è tutta da raccontare: corsa sotto la curva, mano vicino all’orecchio stile Luca Toni e infine una bella spinta per buttare giù un cartellone pubblicitario a bordocampo. La rete del numero 77, guarda un po’, risulterà fondamentale ai fini del risultato finale (1-0). La Roma guarda in alto e rilancia le sue ambizioni, mentre la Lazio sprofonda in una crisi senza fine.

Il rendimento dei giallorossi di Ranieri, che quell’anno sfioreranno lo scudetto, non passerà inosservato ai più esperti. Tra questi c’è anche José Mourinho, allora al comando dell’Inter, principale antagonista della stagione. I due si giocheranno la conquista del titolo fino all’ultima giornata di campionato, e le frecciatine non mancheranno. Dopo essere stato additato dal portoghese come “un’ipocrita”, il mister romano e romanista risponderà per le righe: “Mourinho? Mi teme e mi annoia, parliamo d’altro”. Immediata poi la replica, a metà tra l’ironico e il provocatorio, dello Special One: “La noia di Ranieri? Che cosa è la noia di Ranieri? Ho studiato e conosco solo La Nausea di Jean-Paul Sartre…”.

Le lacrime di Balzaretti

Come ci si riprende da una cocente delusione? Probabilmente questo si sarà chiesto Rudi Garcia non appena sbarcato a Trigoria. Sono passati solo tre mesi dalla finale del 26 maggio contro la Lazio di Petkovic ed è già aria di derby. La società si affida al francese ex Lille per ripartire all’istante. Il motto in questi casi è “si chiude una porta, si apre un portone”.

Con l’inizio della nuova annata, la Roma di Garcia respira un’aria tutta diversa. Le dieci vittorie consecutive nelle prime dieci gare di Serie A permetteranno ai calciatori della stagione 2013/2014 di entrare a far parte della storia del club. E alla quarta di campionato, sotto il sole di settembre, c’è di nuovo il derby con la Lazio, il primo che arriva dopo la sconfitta in Coppa Italia.   

L’Olimpico è in fibrillazione, ma nel primo tempo non accade quasi nulla. Solo un colpo di testa di Gervinho, terminato a fil di palo, fa sobbalzare momentaneamente i cuori dei romanisti. Di ritorno dall’intervallo, è la Lazio ad andare vicina al vantaggio con la traversa del centrale Ciani. Ma qualche minuto più tardi anche la Roma pareggia il conto dei legni.

Il cross rasoterra di Totti attraversa quasi tutta l’area di rigore e pesca Balzaretti che arriva come un treno sul secondo palo. La potenza del tiro si infrange sul legno, sbatte contro Ljalic e la palla viene allontanata dalla difesa biancoceleste. Il rammarico sui volti dei giocatori è evidente, ma si tratta solo del preludio di quello che accadrà poi.

Una sorta di copia incolla dell’azione precedente, ma questa volta al 63’ il Capitano, dopo un breve scambio con Pjanic, raggiunge la linea di fondo. La morbida scucchiaiata, servita con il contagiri giusto, trova ancora il laterale giallorosso piazzato sempre in posizione defilata. E alla seconda chance Marchetti non può fare nulla.

Appena la conclusione si insacca in rete, Balzaretti corre sotto la Curva Sud con le braccia aperte e un urlo liberatorio. Lo stesso Federico racconterà l’esultanza in un’intervista. “Si tratta di un piccolo riscatto, ringrazio i nostri tifosi che se lo meritano tanto questo successo perché hanno sofferto tantissimo. Al momento del gol, quando ho visto Daniele De Rossi piangere mi sono sfogato anche io. È stata una forte emozione”. A chiudere definitivamente i giochi ci penserà poi Ljajic grazie ad un calcio di rigore procurato e trasformato al 94’ contro una Lazio in dieci uomini in seguito all’espulsione di Andre Dias.

T’ha segnato Yanga-Mbiwa

Il derby più indecifrabile degli ultimi anni. Il 25 maggio 2015 Lazio e Roma si sfidano in un vero e proprio spareggio per il secondo posto. L’occasione si presenta alla penultima giornata di campionato, con i ragazzi di Garcia affetti da una pareggite acuta (4 sconfitte e 8 pareggi in tutto il girone di ritorno) e la compagine di mister Pioli distante soltanto un punto. In altre parole, vincere oggi vuol dire qualificazione diretta in Champions senza dunque passare per lo scoglio dei play-off.

L’importanza di questa stracittadina si avverte fin da subito e tutti i giocatori ne sono consapevoli. Se nel primo tempo la Lazio costruisce poco ma appare quantomeno organizzata, la Roma riesce anche a fare peggio. Dopo nemmeno 40 minuti di gioco, l’arbitro Rizzoli ha già tirato fuori il cartellino giallo per quattro giocatori (3 della Lazio e 1 della Roma).

Il match è molto bloccato. Sembra quasi che le due squadre, ancor prima di vincere, vogliano evitare di perdere. Anche la ripresa comincia sulla stessa riga della frazione precedente: una Lazio più convinta a fronte di una Roma troppo rinunciataria. Garcia intuisce che bisogna cambiare subito qualcosa per scuotere i suoi. La decisione è quella di un doppio cambio: fuori Totti e Keita, dentro Ibarbo e Pjanic.

La mossa si rivelerà azzeccata. Al 73’ poderosa progressione di Nainggolan palla al piede che taglia in due il centrocampo della Lazio. Il Ninja serve l’attaccante colombiano, arrivato a gennaio da Cagliari come il suo compagno belga. Il controllo difettoso permette al classe ‘90 di allungarsi e compiere quel passo in più che manda fuori giri il possibile intervento del difensore Gentiletti.

Sul pallone messo in mezzo sbuca dal nulla Iturbe, che con la punta del piede sinistro anticipa Basta portando avanti la Roma. Uno degli acquisti più importanti dell’estate, con un rendimento decisamente al di sotto delle aspettative rispetto anche a quanto è stato pagato, ha segnato ora l’1-0 in un derby pesantissimo. Con la totale adrenalina in corpo, il paraguayano esulta togliendosi la maglia prima di essere travolto dai suoi compagni di squadra.

Si tratta solo di un attimo, anche perché dal vantaggio giallorosso la partita diventa più vivace. All’82 c’è il pareggio di Djordjevic, altro oggetto misterioso in casa Lazio, su assist del centravanti Klose. E proprio quando la sfida sembrava scivolare ormai sul definitivo 1-1, arriva l’uomo che non ti aspetti. Come si può facilmente notare, a bordocampo vicino alle porte è presente la pubblicità dell’Expo 2015 a Milano.

Dei 137 paesi partecipanti all’evento, si trova anche la cosiddetta Repubblica Centrafricana, la cui capitale è Bangui (circa 800mila abitanti). Ed è proprio in quella città che è nato il futuro difensore Mapou Yanga-Mbiwa. Il centrale francese, acquistato dalla Roma in prestito, nella gerarchia dei centrali giallorossi si troverebbe dietro a Castan, Astori e Manolas. Eppure, complice anche il rendimento altalenante dei colleghi di reparto, a fine stagione collezionerà una trentina di presenze in Serie A, spesso in coppia con il greco. Anche lui, come Giovannelli, metterà a referto solo un gol con la Roma.

All’85 l’ex Montpellier in avanti per andare a posizionarsi nel mucchio di giocatori che affollano il limite dell’area di rigore della Lazio. La squadra, infatti, ha guadagnato un calcio di punizione, su cui Pjanic è pronto a battere. Il bosniaco calcia verso la porta, sul pallone ci va sicuro Djordjevic ma si rende conto troppo tardi che non può arrivarci. Alle sue spalle, come una specie di cacciatore nascosto tra le frasche, sbuca il capoccione di Yanga-Mbiwa che gira di testa sul secondo palo.

Marchetti è lento a scendere, la rete si gonfia una seconda volta. La corsa a perdifiato di Yanga si scontra solo con l’abbraccio di tutta la panchina, mentre i giocatori di Pioli rimangono immobili. Ad un passo dalla conclusione del match, la Roma è di nuovo in vantaggio. Gli ultimi cinque minuti più recupero sono solo una formalità. Vittoria 2-1 che vale tre punti: romanisti diretti in Champions e laziali costretti ai play-off. Nel corso dei festeggiamenti con i tifosi, il capitano Totti esibisce una maglia con scritto sopra: “La Grande Bellezza”.

Il riferimento cinematografico è abbastanza chiaro dal momento che il film di Paolo Sorrentino con l’omonimo film vincerà l’oscar come migliore nella sua categoria in lingua straniera. Ma la maglia celebrativa non è l’unico sfottò. “Stai sempre a parlà… ora che te voi inventà!” oppure “Game over” sono altre due frasi messe in mostra durante le celebrazioni per la vittoria contro la Lazio. Perché il derby è anche e soprattutto questo. Sempre sarà così.

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Marco Guerriero

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