L’analisi tattica di Inter-Roma: giallorossi discontinui e incapaci di cogliere l’attimo. Fragilità mentale che spaventa in vista del derby
Foto Tedeschi

INTER ROMA ANALISI TATTICA – Decima sconfitta esterna, quarta consecutiva, numeri impietosi al fischio d’inizio odierno, quando mancavano ancora 270 lunghi, strazianti, interminabili, minuti alla conclusione del campionato e la Roma ha puntualmente ripreso il suo trend imbarazzante degli ultimi mesi. Dopo l’inevitabile vittoria col Crotone, di fronte al consueto scontro con le migliori, un idiosincrasia che non ha mai sancito una vittoria per gli uomini di Fonseca. E sarebbe stato interessante vedere una squadra come la Roma, che per parola di giocatori e allenatore ha avuto il coraggio di” staccare la spina”, che tipo di prestazione avrebbe fatto se si fosse trovata nella posizione dei giocatori dell’Inter, con la società a negare le ultime 2 mensilità e premi eventuali. Così come preoccupa la condizione mentale dei giallorossi, con la quale verrà affrontato un derby che potrebbe assestare un colpo di grazia ad un campionato già di per se imbarazzante. Una squadra sempre in balia degli eventi, incapace di vincere l’inerzia di gare negative e incapace di cogliere l’attimo, atteggiamenti e fragilità mentale e discontinuità all’interno delle gare.
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Moduli e sviluppi di gioco
Fonseca ripropone il 4-2-3-1 con Fuzato tra i pali, Kumbulla e Mancini centrali e Karsdorp e Santon (a sinistra) esterni difensivi. In mezzo è un sontuoso Darboe a dettare ritmi e tempi di gioco con una prestazione di spessore, spalleggiato da Cristante, mentre dietro a Dzeko ci sono Pellegrini (che gioca sotto punta), con Mkhitaryan a sinistra e Pedro a destra. per Conte spazio a molte seconde linee, con Radu davanti a cui agiscono Ranocchia centrale con D’Ambrosio e Skriniar braccetti e Darmian (a destra) e Perisic (a sinistra) quinti di centrocampo. In mezzo comanda Brozovic con Barella e Vecino mezzali, alle spalle di Lukaku e Sanchez.
Primo tempo in equilibrio, ma l’Inter è cinica a sfruttare il campo largo nelle ripartenze
La gara ha un copione già scritto e prevedibile, con gli allenatori che sanno perfettamente il tipo di gara che condurranno gli avversari ; l atteggiamento per entrambe è di aggressione alta in avanti in fase di non possesso, anche per via della ricerca di una costruzione bassa che entrambe sviluppano in campo. Kumbulla e Mancini marcano sempre forte Lukaku quando viene incontro (uno marca l’altro copre), così come fa altrettanto Ranocchia su Dzeko. Quando Darboe e Cristante muovono il palleggio, Pellegrini si abbassa per creare parità numerica in mezzo al campo, contro i 3 centrocampisti nerazzurri, così come Pedro e Mkhitaryan si trovano a cucire e ricevere alle spalle di Barella e Vecino, trovando spazi e tempi di gioco. Sempre puntuale la salita di Karsdorp e Santon, con la Roma che tiene bene il campo, ma è il pericoloso il 2 contro 2 concesso dietro che basta per gli uomini di Conte per monetizzare due ripartenze in campo aperto. Azioni fotocopia con centrocampisti avversari a sostegno e rimorchio dell’azione, in ritardo a spasso per il campo, con Cristante che va ad occupare spazi di ripiegamento difensivo sbagliati anziché rimanere sul rimorchio. Mancini non contrasta correttamente sulla conclusione avversaria. Esce Sanchez per infortunio (entra Martinez) e sul doppio svantaggio la prima giocata utile sulla verticale di palleggio, trova l’appoggio su Dzeko, che può solo scegliere tra un taglio perfetto di Mkhitaryan, di Pedro, e Pellegrini che occupa lo spazio liberato a centro area dal bosniaco.
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Si riparte con El Shaarawy a sinistra per Pedro. Mkhitaryan va a destra, con i minuti iniziali palcoscenico di ribaltamenti di fronte, dove entrambe gestiscono male alcune ripartenze. L’Inter dimostra un’ora di autonomia, con la Roma che diventa padrona di campo e mezz’ora finale, intorno alle geometrie di Darboe, e una manovra avvolgente che manca sempre del rimpallo decisivo, dell’ultimo passaggio, ma soprattutto della volontà di trovare la palla decisiva ,con un occupazione dell’area e del passaggio finale poco risoluto. Conte corre ai ripari, con Sensi e Hakimi per Vecino e Perisic, Young e Pinamonti per Darmian e Martinez, il cui cambio genera una scaramuccia a bordo campo che la dice lunga sul temperamento di un gruppo e di un allenatore. Fonseca può solo osservare e risponde con Villar per Cristante, e Bruno Peres e Carles Perez per Karsdorp e Darboe (va Pellegrini in mediana, Mkhitaryan sotto punta). Quando l’ennesimo sforzo profuso alla ricerca del pareggio sfocia in una gestione balorda della nuova catena di destra Bruno Peres/Carles Perez, completata da un appoggio assurdo di Mancini, la ripartenza definitiva che consegna il risultato finale alle cronache è servita.
Maurizio Rafaiani