• Ferraris, il capitano che amava la Roma, il poker e le sigarette

    Redazione RN
    17/04/2015 - 17:20

    CORE DE ROMA “Se c’avessi ancora i soldi persi a poker, ai cavalli e ai cani, sai quanti me ne giocherei ancora…!”. Firmato Attilio Ferraris, noto ai più come Ferraris IV perché era l’ultimo di quattro fratelli che giocavano a calcio. Ma lui, nonostante fosse il più piccolo, è stato quello che ha fatto più strada. Milita nella Fortitudo quando, nel 1927, il club rossoblù si fonde con l’Alba e la Roman dando vita alla AS Roma. “Tilio”, come lo chiamano amici e parenti, diventa dunque il primo capitano della squadra giallorossa: merito del carisma, delle doti da leader e del rispetto incondizionato che i compagni e colleghi nutrono nei suoi confronti. E pensare che, dopo sette anni e 198 presenze, si trasferirà alla Lazio. E lo farà cedendo la fascia a quel Fulvio Bernardini che in biancoceleste è cresciuto: “A Fu’, tu sei er mejo. Er capitano fallo te”, dice all’ormai ex compagno e amico fraterno. Altri tempi, in cui un passaggio da una sponda all’altra del Tevere non scatena linciaggi popolari e mediatici o interrogazioni parlamentari. Quando morirà, sulla bara di Ferraris verrà deposta proprio la maglia del suo successore, visto che non si riuscirà a trovarne una sua. Amava giocare a carte e scommettere, soprattutto sui cavalli, e si dice che fumasse una trentina di sigarette al giorno. Eppure, quando scendeva sul terreno di gioco di Campo Testaccio, grazie alla sua tecnica riusciva a mettere in ombra qualsiasi altro calciatore.

    LA STORIA“Tilio” nasce a Roma, nel quartiere di Borgo Pio, il 26 marzo 1904, da una famiglia di origini piemontesi. La Juventus prova a convincere suo padre a farlo trasferire a Torino quando è ancora minorenne, ma il genitore risponde con un secco “no, grazie”. A diciotto anni esordisce con la Fortitudo, di cui diventa in breve tempo il capitano. Poi la nascita della Roma e l’inizio dell’avventura in Nazionale, dove si toglierà grandi soddisfazioni: la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928 e, soprattutto, il Mondiale vinto in casa nel ’34. E’ il protagonista di un’epoca, quella in cui i giallorossi giocavano a Testaccio, che non regala trofei, ma molte giornate memorabili. Su tutte, il 15 marzo 1931, giorno del leggendario 5-0 inflitto alla Juventus che di lì a poco si laureerà Campione d’Italia: in quel match, pur non entrando nel tabellino dei marcatori, Ferraris disputò forse la migliore gara della sua carriera. Grande latin-lover, avrà più di un problema con gli allenatori che si susseguiranno in panchina in quegli anni; il presidente Sacerdoti gli aprirà un bar in via Cola di Rienzo per cercare di mettere a freno la sua passione per il gioco d’azzardo, ma le assenze e i continui ritardi agli allenamenti e alle partite spinsero la società e il giocatore al divorzio, che avvenne proprio a ridosso della Coppa del Mondo italiana, e al passaggio alla Lazio che lo pagherà 150mila lire. Ma quando si pensa al primo capitano della storia giallorossa, non si può fare a meno di ricordare il suo motto, il grido di battaglia con cui caricava i compagni prima di ogni match: “Chi daa lotta desiste, fa ‘na fine triste… Chi desiste daa lotta, è ‘n gran fijo de ‘na mig…tta!”.

    L’EPISODIO – Nel 1934, quando la rottura con la Roma è già insanabile, il Ct azzurro Pozzo si reca a trovare Ferraris nel bar che gestisce in via Cola di Rienzo. Il centrocampista è sovrappeso e fuma come una ciminiera. Il tecnico dell’Italia è chiaro: “Ti voglio in campo ai Mondiali”. Attilio gli dà la sua parola e nel giro di un paio di mesi si rimette in forma: allenamenti due volte al giorno e sigarette ridotte da trenta a 2-3 al giorno. Sarà il pilastro della Nazionale campione del Mondo per la prima volta, giocando da titolare quarti, semifinale e finale (nella foto di copertina è il secondo da sinistra nella fila in piedi, ndr). Quindi si accaserà alla Lazio: due stagioni a buoni livelli in biancoceleste, altre due a Bari. Nel ’38, però, torna in giallorosso per un’ultima stagione. Perché la Roma è sempre stata il suo unico grande amore e certi legami del cuore, al netto delle discussioni e delle separazioni, non si sciolgono mai.

    Lorenzo Latini
    @lorenzo_lat87

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