• Borini: “Sono l’incubo di Mourinho, col Sunderland gli ho segnato 3 gol”

    Giacomo Emanuele Di Giulio
    28/10/2021 - 12:39

    Borini: “Sono l’incubo di Mourinho, col Sunderland gli ho segnato 3 gol”

    ROMA BORINI MOURINHO – Domenica allo Stadio Olimpico andrà in scena un big match della Serie A come Roma-Milan alle ore 20.45. Sarà una sfida molto affascinante tra i giallorossi di Josè Mourinho e il Milan capolista di Stefano Pioli. Uno degli ex di entrambe le squadre è Fabio Borini. L’attaccante, classe 1991, ora gioca in Turchia nel Fatih Karagumruk insieme ad altri ex Serie A come Biglia e Bertolacci. Ecco le sue parole a gazzetta.it sul match e sullo Special One al quale ha siglato 3 reti con la maglia del Sunderland.

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    Fabio, lei è uno degli “incubi” di Mourinho.
    Sorride. “Diciamo così. Forse sarà per questo che non mi ha mai acquistato! Scherzi a parte, con il Sunderland gli ho segnato 3 gol. Due quand’era al Chelsea e uno allo United. Qualche battuta nel tunnel l’abbiamo scambiata, certo. Quando segni alle sue squadre è sempre tanta roba”.

    Al Chelsea l’ha mai incrociato?
    “Era già andato via. Io arrivai a 16 anni nel 2007. Il Bologna non mi fece firmare il contratto da professionista, così scelsi Londra. Lì monitorano tutti i giocatori dai 9 anni in su, e in tutto il mondo. Hanno uno scouting pauroso. In Italia giocavo 4 anni sotto età con la Primavera, loro sapevano tutto”.

    Quando scelse i giallorossi aveva 20 anni.
    “Nove gol al primo anno in Serie A, non male. A quell’età ti può succedere qualsiasi cosa, ma resti sempre focalizzato sull’obiettivo”.

    Luis Enrique cosa le ha insegnato?
    “A essere un grande uomo. Lui è un tecnico eccellente, ma prima ancora è una persona d’oro. Cercava di imporre la sua idea ovunque, non importa se davanti a noi c’era la Juve o un’altra squadra minore. Quando ci disse che avrebbe lasciato la Roma si mise a piangere”.

    E Roma non aspetta, si sa.
    “Richiede molto più di un anno, e Luis Enrique lo meritava”.

    Quell’anno c’era anche Kjaer, quant’è cambiato?
    “Totalmente. Gli è scattato qualcosa dentro. Lo vedi da come si muove, da come gioca, dal linguaggio del corpo. Prima sembrava un po’ più fragile, ma non dimentichiamoci che aveva solo 22 anni”.

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