Batistuta ruggisce sul grande schermo con il documentario “El Numero Nueve”

Redazione RN
24/10/2019 - 14:50

Foto Getty
Batistuta ruggisce sul grande schermo con il documentario “El Numero Nueve”

BATISTUTA DOCUMENTARIO NUMERO NUEVE – “Parlo a nome di tutti i calciatori, perché dietro le copertine e le esultanze ci sono sempre storie di sacrifici”. E’ con queste parole che Gabriel Omar Batistuta inaugura “El Numero Nueve“, documentario girato sulla sua carriera e sulla sua vita, sui suoi successi sportivi e i suoi dolori terribilmente umani, presentato al Festival del Cinema di Roma. Il docufilm diretto da Pablo Benedetti getta luce sull’uomo dietro la maschera del campione, sui dolori patiti e i sacrifici pagati per giocare a calcio. Sport che a Batistuta ha dato tutto, richiedendo però tanto in cambio.

Re Leone

Per ogni tifoso di Roma e Fiorentina, il nome Batistuta rievoca sensazioni ormai tristemente dimenticate. Scudetti, trofei e risultati, prima di lui solo sognati ad occhi aperti, con l’argentino sono divenuti realtà. Uomo dei miracoli, ottenuti non per grazia ma con caparbietà e perseveranza, Batistuta si è guadagnato il soprannome “Re Leone” non solo per la folta criniera di capelli, ma anche per la fierezza con cui affrontava ogni allenamento, per la rabbia con cui schiaffava i palloni in rete, per la tenacia con cui si rialzava da ogni caduta. Cadute, appunto, che purtroppo non sono mancate.

“Quando entrava lui, calava il gelo nella stanza”

Il documentario ricorda come il nome di Batistuta sia immediatamente legato alla felicità, alla sua esultanza, a quella mitraglia con cui stendeva gli avversari dopo averli graffiati con uno dei suoi innumerevoli gol. Ma l’argentino non è mai stato un semplice, seppur grande, calciatore. Non è mai stato un guascone, un gioviale, o uno dei tanti divi social che costellano il calcio di oggi. Batistuta poteva apparire arrogante, come racconta Toldo, suo compagno ai tempi della Fiorentina, intervenuto nel documentario: “Quando entrava lui, calava il gelo nella stanza”.
Poteva sembrare antipatico, pretendeva sempre il massimo dai compagni ma prima di tutto da se stesso. Nella sua grandezza, Batistuta non si è limitato ad essere un campione, ma un eroe a suo modo tragico. Un guerriero dei sedici metri che respirava l’erba del campo e si nutriva di gol.

Cuore diviso tra Firenze e Roma

Il documentario girato da Benedetti ripercorre, seppure con una digressione cronologia frammentata, le principali tappe della carriera dell’argentino. A partire dalla titubanza di dedicarsi al calcio (“Da ragazzo volevo diventare giocatore di pallavolo”), passando per i dubbi sul suo futuro da professionista, fugati solo a 19 anni, età in cui oggi molti poco più che adolescenti si servono di social media manager. Fino a quel “Buongiorno, voglio segnare tanti gol”, con cui si presentò a Firenze, dopo la maturazione con Newell’s Old Boys, River Plate e Boca Juniors.

Dichiarazione d’intenti rispettata, come è risaputo a Firenze e Roma. Sono queste le due città che si contendono il cuore del campione. Cuore diviso tra Duomo e Colosseo, tra Arno e Tevere, tra Ponte Vecchio e Ponte Milvio, tra il viola e il giallorosso. Città che rappresentano da una parte la sua seconda casa e dall’altra il luogo dove è stato raggiunto il maggior successo, città che in Batistuta hanno riversato tutto il loro amore e le loro speranze sportive. Città ripagate con l’unica moneta che l’argentino conosceva, i goal, inseguiti dal centravanti di Santa Fè come fossero l’oggetto della sua religione. Religione che però ha preteso un tributo.

Batistuta oggi

Dopo 238 reti realizzate in tutte le competizioni, di cui 183 solo in Serie A, Batistuta ha appeso gli scarpini al chiodo nel 2005. Non prima però di aver impresso indelebilmente il proprio nome sulla storia di Roma e Fiorentina, vincendo un campionato, una coppa italia e due supercoppe.
Oggi Batistuta ha 50 anni. Piange quando vede passare sullo schermo le immagini dello scudetto vinto con la Roma. Si commuove quando, al termine della proiezione del documentario, assiste stupito all’ovazione riservatagli dal pubblico, partecipe delle difficoltà affrontare da un uomo un tempo divino e oggi vulnerabile. Non sono infatti più un segreto i problemi fisici che hanno attanagliato l’argentino sin dagli ultimi anni di carriera, nonostante inizialmente il campione avesse combattuto questo suo personale demone da solo, aiutato solo dalla moglie e dalla famiglia, a cui ha confessato di dover tutto.

L’intimo documentario di Benedetti, però, con delicatezza, porta sul grande schermo la battaglia che ha imperversato tra Batistuta e il suo fisico. Tema per tanto tempo custodito all’interno delle mura domestiche e che, attraverso il lungometraggio, Batigol condivide con il mondo. “Le caviglie mi fanno male anche quando tiro a golf. Sono anni che sogno che i dottori mi dicano :’ora si può operare e il recupero andrà bene'”, ha ammesso l’argentino nel suo documentario. Anche nel giorno dell’inaugurazione del suo docufilm, Batistuta, accompagnato da stampelle e tutore, porta i segni delle sue mille battaglie sui campi da calcio. Le troppe infiltrazioni, i denti stretti sul dolore, l’ostinazione nel ricercare sempre la vittoria, nel dare tutto per la maglia, per i colori e per i tifosi rappresentati, hanno contribuito a rovinargli le gambe, tanto da spingerlo a chiederne, disperato, l’amputazione. Eppure, nonostante il dolore, Batistuta continua la propria lotta, abituato a combattere nella vita così come in campo.

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  1. Ho già scritto in un altro post quello che ho rivissuto leggendo di questo film… qui ribadisco tutto e dico solo: GRAZIE CAMPIONE…

  2. Uno dei più grandi giocatori abbia avuto la Roma … non dimenticherò mai le emozioni che mi hai dato! Grazie Campione

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