1 Settembre 2008

Appunti dal campo di Angelo** Mangiante: Roma-Napoli

Il primo miracolo della stagione lo ha compiuto Doni.
Nel riscaldamento si era rifatto male alla schiena. Un altro portiere
si sarebbe tirato fuori. Il dolore era molto acuto. Ma non ha lasciato
soli i compagni e si è sottoposto ad un’infiltrazione pochi minuti
prima di scendere in campo. Chi mette in discussione le sue qualità si
riveda più volte i due miracoli su Lavezzi che hanno salvato la Roma da un sconfitta in superiorità numerica che avrebbe fatto molto più male del suo dolore alla schiena.

Sul piano logistico la novità da bordocampo quest’anno sono le panchine dell’Olimpico. Sono state indietreggiate di 15 metri rispetto al campo. Un’esigenza legata ai parametri per ospitare la Champions League.

Novità
che non è piaciuta a Spalletti e a tutto lo staff tecnico della Roma.
Il campo è più lontano. L’allenatore fa più fatica a farsi sentire dai giocatori.

Il
regolamento poi complica la comunicazione con la squadra, stabilendo
che l’allenatore non può rimanere in piedi ai limiti dell’area tecnica.
Deve dare indicazioni e poi tornare velocemente seduto in panchina. Un
regolamento che, durante Roma-Napoli, il quarto uomo Trefoloni ha ripetuto più volte.

Stavolta
Spalletti ha fatto fatica a riconoscere il “copyright” che ha impresso
alla sua Roma. A Baptista chiedeva di essere più in sintonia con Riise.
Di cercare l’uno due con il norvegese sulla fascia sinistra. Un’intesa
che stentava. E vedendo le due fasce inedite della Roma, Baptista-Riise a sx e Cassetti-Cicinho a dx, si capisce perché si sia smarrita l’identità di gioco.

“Dovete essere ordinati, più vicini con i reparti” continuava a ripetere Spalletti. Soprattutto per sfruttare la superiorità numerica dopo l’espulsione di Santacroce.
In realtà la squadra era scollata, in debito d’ossigeno nel secondo
tempo per il caldo torrido che ha messo a nudo la superiore
preparazione fisica del Napoli.

Vucinic
è stato il primo a cedere fisicamente. A 24 anni è un po’ presto per
farsi trovare con la lingua di fuori per il caldo. Molto stizziti dalla
panchina per la gigantesca palla gol che il montenegrino aveva sprecato
consegnandola sulle braccia del portiere anziché mandare Iezzo con
tutto il pallone dentro la porta. Dalla panchina poi lo guardavano
ormai fermo nel finale di partita, incapace di reagire per il forcing
finale.

Aquilani
è stato invece l’ultimo a mollare. E’ bastato poco per capire perché
sia stato il grande sogno del mercato. E’ bastato vedere la magia con
la quale si è inserito alla perfezione anche da trequartista. Una
prodezza sufficiente per capire i motivi che hanno spinto la Juventus a corteggiarlo per tutta l’estate. L’immagine che ha fatto felice anche Marcello Lippi, che lo considera un punto fermo della nazionale che ci porterà al mondiale in Sudafrica.

Un inizio di campionato stratosferico per Aquilani, come lo scorso anno, quando sempre alla prima giornata, aveva steso il Palermo che la Roma
riaffronterà nell’anticipo serale di sabato alla ripresa del
campionato. Insostituibile oggi nel centrocampo di Spalletti per questa
sua capacità di trovare gol da copertina e ricoprire tutti i ruoli del
centrocampo, da regista a trequartista.

Le
convocazioni per le nazionali complicano ora il lavoro di Spalletti che
può sfruttare solo parzialmente la sosta. I nuovi acquisti hanno
bisogno di tempo per capire i nuovi schemi. Ma Baptista giocherà due partite in Sudamerica, Riise in Norvegia e anche Menez sarà impegnato con la nazionale under 21.

Per
ora i nuovi acquisti non hanno lasciato il segno nell’esordio
all’Olimpico Lo stesso stadio che ha riammirato, in maniera
chiarissima, tutto il talento del Principe Aquilani e la soglia altissima di resistenza al dolore del gladiatore Doni.

Angelo Mangiante
(Sky Sport)

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